Caso 9

Gli eredi del Sig. (omissis) hanno agito contro l’Ospedale (omissis) affinché venisse accertata la responsabilità della struttura ospedaliera nel decesso del Sig. (omissis) dovuto alle plurime infezioni nosocomiali contratte durante il ricovero. La CTU svolta nel corso del giudizio ha accertato infatti che vi fu una evoluzione ingravescente di un complesso quadro clinico caratterizzato da numerose infezioni nosocomiali, mai interrotta da una condotta sanitaria appropriata, che è culminata con gli stati infettivi più importanti e temibili contratti durante i ricoveri presso l’Ospedale (omissis), che con ogni probabilità hanno cagionato quello stato settico e quella condizione di irreversibilità in rapporto causale con la morte del paziente.

Gli eventi sfavorevoli accertati in corso di causa hanno evidenziato una condotta inadempiente della Struttura Sanitaria che ebbe in cura l’attore per inosservanza di leggi e/o regolamenti che non può e non deve trovare alcuna giustificazione anche se contestualizzata a quel determinato momento storico e che rappresenta una concausa sopravvenuta da sé sola sufficiente a determinare l’inarrestabile progressione di quella seriazione causale che lo condusse a morte.

Il Tribunale di Roma ha dunque affermato che  ormai appare chiaro come la giurisprudenza nel tempo abbia definito, quale oggetto del rapporto obbligatorio tra paziente ed ospedale, la complessa prestazione di assistenza sanitaria resa da tutto un insieme di soggetti (medici, infermieri e ausiliari compresi) che dalla struttura sanitaria dipendono. L’obbligazione assunta dall’ospedale, di natura contrattuale, prevede non solo la prestazione di cura del paziente, ma anche tutte le ulteriori e molteplici prestazioni che l’ospedale fornisce al malato, ivi comprese, l’alloggio, il buon funzionamento delle apparecchiature, nonché la sicurezza dei locali ove si svolgono tutte le operazioni di tipo sanitario. Va da sé che quindi la struttura sanitaria, nella sua organizzazione multisettoriale, va ritenuta responsabile nei confronti del paziente, nel momento in cui la doverosa efficienza organizzativa venga a mancare.

Tale fattispecie, è stata poi valorizzata dalla legge n. 24/2017 (cd. legge Gelli-Bianco) che enfatizza la nozione di “sicurezza delle cure e della persona assistita”: Art. 1 “ … si realizza anche mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative … Alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale …”. Va da se che tra le obbligazioni più importanti poste a carico della struttura sanitaria, di basilare importanza è il garantire locali, mezzi, e dispositivi idonei sotto il profilo igienico sanitario.

La struttura, quindi, in quanto ente, è responsabile delle infezioni nosocomiali dovute a microbi e batteri eventualmente ivi presenti. Il Tribunale di Roma, in virtù di quanto esposto, ha accertato che la struttura convenuta risulta responsabile per omessa vigilanza e controllo, ovvero a titolo di “responsabilità per difetto di organizzazione”, colpevole di negligenza per omissione di tutte quelle norme igienico sanitarie di prevenzione e di sorveglianza, indici di carente organizzazione e malfunzionamento delle attrezzature, condannandola per l’effetto al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale in favore degli eredi.

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